Baustelle - El Galactico

I Baustelle sono tornati con El Galáctico, e non è esagerato dire che siamo di fronte a un’opera monumentale. Dopo anni di evoluzione stilistica e poetica, il gruppo guidato da Francesco Bianconi consegna al pubblico un disco che ha l’ambizione – e la stoffa – di essere il manifesto sonoro di una generazione sospesa tra nostalgia, disillusione e desiderio di fuga. Il concept: un eroe cosmico tra le macerie del presente “El Galáctico” è un personaggio immaginario, quasi mitologico, che attraversa il disco come un alter ego, un viaggiatore del tempo e dello spazio, un flâneur interstellare che osserva la Terra da lontano. La galassia, qui, non è solo un’ambientazione estetica, ma una metafora potente: siamo tutti in orbita attorno a qualcosa che ci sfugge, che forse non esiste più, o non è mai esistito. Questo concept si dipana attraverso canzoni che mescolano visioni futuristiche e romanticismo decadente, mantenendo intatta la cifra stilistica baustelliana: testi colti, affilati, spesso enigmatici, che scavano sotto la superficie del quotidiano con una lucidità disarmante. Il suono: vintage e futurista al tempo stesso Dal punto di vista sonoro, El Galáctico è un’esperienza immersiva. Si muove con disinvoltura tra orchestrazioni barocche, synth rétro, suggestioni anni ’70 e incursioni cinematiche che ricordano le colonne sonore italiane d’autore. È un album che richiama Morricone, Battiato, i Pink Floyd e i Kraftwerk, ma senza mai risultare derivativo. Al contrario: ogni brano è cesellato con cura, stratificato, pensato per durare. L’ascolto è ricco, avvolgente, tridimensionale. Non c’è nulla di casuale: ogni suono, ogni pausa, ogni cambio di tonalità racconta qualcosa. La produzione è di altissimo livello, e si avverte la volontà di creare un’opera totale, un disco che sia musica ma anche cinema, letteratura, filosofia. I testi: malinconia e visioni, amore e disillusione I Baustelle non hanno mai avuto paura delle parole, e qui le usano come lame e carezze. Canzoni come “Il futuro era ieri”, “Amore quantico” o “Odi et amo (su Marte)” si muovono tra riferimenti letterari e immagini visionarie, tra dolore e bellezza. L’amore è sempre presente, ma mai scontato: è un sentimento che salva, a volte che condanna, altre volte che semplicemente resta, come un’eco nello spazio. C’è anche una critica sottile ma feroce al nostro presente: all’omologazione culturale, alla superficialità digitale, alla perdita di senso. Ma il tutto è filtrato da un’ironia elegante, da uno sguardo che sa essere critico ma anche compassionevole. Conclusione El Galáctico non è solo un disco: è una dichiarazione d’intenti, un atto d’amore per la musica come arte, un viaggio dentro e fuori di noi. È un album che richiede tempo, attenzione, ascolto profondo. Non si consuma: si assapora, si esplora, si vive. È l’album. Punto. Ascoltatelo. Non fatelo scorrere in sottofondo: mettetelo al centro, lasciatevi attraversare. Vi farà viaggiare lontano, per poi riportarvi esattamente dove dovevate essere.

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